Ghezzi, 42anni, è stata presidentessa di Eccemamma

«La trasmissione ha solo pensato a fare audience, senza dare la possibilità di difendersi». «I nuovi poveri sono i giovani e gli over 50». «Il cuore del volontariato cernuschese batte davvero forte». «Il progetto Marte-Sani mi rende molto contenta, è un vero successo». «Sull’abbattimento delle barriere architettoniche siamo messi bene». «Mi accusano di non essere cernuschese? Mi importa poco. Per questa città penso di avere fatto più di tanti altri»

11 Aprile 2014

Alla prima sua esperienza politica, ricopre il ruolo di assessore con deleghe particolarmente delicate come quella ai Servizi Sociali, Rapporti con le Associazioni di Volontariato, Minori e Famiglia, Diritti dei soggetti diversamente abili. Lei è Silvia Ghezzi. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata.

Tracciamo un bilancio di questa esperienza da assessore alla vigilia del secondo anno di mandato. 

«Per me che è la prima volta che faccio politica è un’esperienza molto bella. Mi permette di mettermi in relazione con le persone e con le associazioni e lo trovo interessante visto che mi piace il confronto con il tessuto sociale cittadino. Una grande opportunità che mi permette di poter entrare in contatto con un mondo che da semplice cernuschese difficilmente avrei scoperto, parlo del disagio che la gente vive ogni giorno. Potere fare qualcosa è una sfida stimolante, anche se difficile da realizzare in toto. E forse è questo il vero cruccio, perché anche avere disponibilità economiche infinite può non bastare».

Può spiegare meglio questo concetto? 

«Spesso siamo davanti a un disagio legato a vite complesse dove l’assistenzialismo, che peraltro non vedo come via corretta, in questi casi può non bastare. Ad ogni modo,  lavoro per cercare soluzioni strutturali».

Impossibile non chiederle qualcosa circa la recente vicenda dei tre minori allontanati ai loro genitori e il servizio realizzato dalle Iene. Senza entrare nel merito, mi fa una riflessione su quanto accaduto? 

«Le riflessioni che posso fare sono due. La prima è che di fronte al mondo dei media a volte è impossibile difendersi. Hanno un tale potere sui cittadini che è devastante. Instillano un pensiero che è la totale distorsione della realtà. Non spingono a capire cosa succede, puntano solo a fare spettacolo e share e tu non puoi difenderti. Abbiamo visto a nostre spese quanto possa essere distruttiva la televisione».

E la seconda? 

«Riguarda quanto sia complesso e delicato il tema dei minori. Ho capito fino in fondo che quando vai a toccare una sfera che riguarda un bambino c’è una sensibilità che è pazzesca. Anche il peggiore dei padri se gli porti via un figlio lo avrai contro e gli assistenti sociali saranno sempre percepiti come nemici. Non saranno mai visti come persone che in realtà stanno agendo per aiutare il piccolo».

In questa vicenda qualcuno ha parlato a sproposito? 

«Innanzitutto con il senno del poi sarebbe facile dire che non si doveva rilasciare alcuna dichiarazione, ma diventa difficile essere lucidi davanti a persone così aggressive. Credo che io stessa se mi fossero piombati in ufficio, avrei risposto e avrei sbagliato. Trovo invece triste chi si è sbizzarrito sul web o su altri media solo per mettersi un po’ sotto le luci dei riflettori. Vista la complessità dell’argomento avrebbe fatto più bella figura a starsene zitto. Accuse senza sapere cosa ci sia dietro solo per cercare visibilità».

Cambiamo argomento: quanto batte il cuore del volontariato cernuschese? 

«Molto. Ogni giorno che passa conosco sempre più persone che ci mettono l’anima in quello che fanno e sono risorse preziosissime per la nostra città. Poi ci sono alcune associazioni, in particolare che gravitano intorno ai servizi sociali come la Caritas, Enjoy Care e Farsi Prossimo, che sono fondamentali non solo come aiuti, ma anche come progettualità. Si muovono molto bene sul territorio e viene spontaneo confrontarsi con loro continuamente per l’esperienza che hanno. Un continuo scambio di pensieri che porta a organizzare iniziative lodevoli. Forse l’unica difficoltà è riuscire a fare qualcosa tutti insieme, perché molte associazioni tengono alla loro identità, ma tutto sommato posso anche comprenderle».

Anche le associazioni stanno soffrendo per la crisi economica? 

«In effetti anche questo mondo la sta percependo, ma non tanto per una questione economica, quanto per la fatica a reperire nuovi volontari. Questo dato significa che nel vissuto della gente c’è difficoltà. I giovani in questo momento hanno altri pensieri che li assillano e faticano a ragionare in un’ottica di dedicare del tempo libero al prossimo sotto forma di volontariato. Basti pensare che anche l’Avis ci ha segnalato un calo di donatori. Oggi come oggi, il volontariato fa presa su coloro che, tra virgolette, stanno bene. Gli altri non hanno la testa per fare altro, se non riuscire a gestire le loro difficoltà giornaliere. E togliere a queste associazioni i volontari è un vero danno per le loro attività, inutile negarlo».

Guardando le persone che si rivolgono ai servizi sociali, ci può tracciare l’identikit del nuovo povero? Sempre che a Cernusco ci sia...

«Cernusco vive la crisi forse meglio di altri comuni, ma la gente che ha bisogno è aumentata anche qui. L’identikit del nuovo povero innanzitutto ci indica i giovani che non trovano lavoro. Sono molte le mamme che vengono anche da me per dirmi che i loro figli stanno chiusi in casa perché non hanno nulla da fare. E poi il profilo si sposta verso gli over cinquanta che perdono il lavoro e che sono di difficile ricollocazione. Due categorie, quelle dei giovani e quest’ultima, che a cascata ripercuotono i loro problemi nei nuclei familiari in cui vivono. E così vengono ad acutizzarsi vari disagi, uno su tutti è quello della casa. È sempre di più la gente che fatica a pagare l’affitto a fine mese. Poi esiste un altro problema che non deve essere sottovalutato».

Di cosa si tratta?

«Le dipendenze che non vengono ammesse da chi si rivolge a noi. Mi riferisco ad esempio al gioco d’azzardo e all’alcolismo. Ci sono casi, ad esempio, di pensionati che hanno mille euro al mese e alla seconda settimana sono già in difficoltà. Viene difficile pensare che sotto non ci sia qualche altra problematica magari legata a qualche vizio diventato patologico».

Lei ha anche la delega dei Diritti dei soggetti diversamente abili. Le barriere architettoniche a Cernusco sono ancora un problema? 

«Dal punto di vista viabilistico direi che la situazione è buona, anche perché ogni volta che sistemiamo una strada o un marciapiede prendiamo gli accorgimenti dovuti con scivoli e piste ciclabili. Quello che invece è emerso, per voce dei diretti interessati, è la fatica a poter entrare in molti esercizi commerciali. Vedremo cosa potremo fare. Da analizzare c’è anche la questione della nuova edilizia che in teoria dovrebbe costruire con tutti gli accorgimenti, ma invece non è sempre così. Porto ad esempio la Filanda, una recente realizzazione che però presenta delle porte enormi che sono vere e proprie barriere architettoniche. Ma anche qualche casa comunale necessita di migliorie e quando ce le segnalano cerchiamo di intervenire tempestivamente. Ad ogni modo, credo sia arrivato il momento insieme ai tecnici di fare un nuovo punto della situazione e mettere in scaletta qualche intervento strategico. Conto di poterlo fare quanto prima compatibilmente con le mille cose che ci sono in programma».

Tra poco sarà anche un anno dal via del progetto Marte-Sani. Possiamo anche in questo caso tracciare un bilancio? 

«Dei Marte-Sani posso solo dire che sono contentissima. Tutto è iniziato sotto forma di collaborazione con l’Asl che ha fatto un breve corso di formazione agli accompagnatori. In realtà ha preso piede quasi subito. Ogni sabato si presentano dalle venticinque alle quaranta persone che si radunano per fare la loro camminata. Grazie anche alla collaborazione del Cai, che ci aiuta a variare di volta in volta i percorsi, siamo riusciti a creare un bel gruppo anche a livello sociale. Abbiamo iniziato con camminate di un’ora e siamo già arrivati a due, coprendo oltre due chilometri. Adesso il nostro obiettivo è fare una passeggiata verso Milano, appuntamento che abbiamo sempre rimandato per il brutto tempo. Inoltre a giugno ospiteremo il raduno di tutti gli accompagnatori del distretto dell’Asl Milano due e sarà una bella occasione per fare vedere che Cernusco con questa iniziativa c’è ed è molto presente».

Lei è stata presidentessa di Eccemamma e si è dimessa una volta diventata assessore. Quanto le manca non prendere parte attiva a questa associazione? 

(sorride) «Mi manca eccome. Quando quattro anni fa sono venuta a vivere a Cernusco le mie attuali amiche le ho conosciute grazie all’iniziativa Cernusco Family Friendly, quindi sono molto legata a loro che poi sono confluite in Eccemamma. Mi piacerebbe eccome poter dare loro una mano e partecipare in maniera più attiva a tutti gli eventi, ma mi rendo conto che con i tanti impegni che comporta l’essere assessore non ce la posso proprio fare. Ora sono solo una socia affezionata che partecipa a qualche riunione aperta alle iscritte. Chissà, forse in un’altra “vita” riuscirò a dedicarmi ancora con la giusta passione e tempo a questa associazione a cui mi sento molto legata».

Come assessore ha rapporti con gli esponenti dell’opposizione? Esiste un dialogo e un confronto? 

«Purtroppo non ci sono né confronti e neppure un dialogo. Al via c’era stata un’apertura con il consigliere del Movimento 5 Stelle, Mauro Aimi, con cui avevo intrapreso un certo dialogo, poi anche lui non si è più fatto sentire. Mi spiace che nessuno mi chieda un incontro di approfondimento su qualche argomento in generale. In fondo il loro compito sarebbe quello di portarmi a conoscenza di eventuali situazioni in cui i cernuschesi chiedono un possibile intervento. Da parte mia c’è la massima disponibilità al confronto con chiunque, a maggior ragione con loro. Recentemente abbiamo avuto un incontro con le tre consulte riunite perché abbiamo presentato il bilancio. Una signora ha preso la parola e ha fatto delle critiche e delle proposte. Le ho chiesto di incontrarla una seconda volta perché ero interessata a capire bene quali fossero i suoi suggerimenti. Non ho preclusione verso nessuno. La mia porta è sempre aperta e i consiglieri di minoranza lo sanno».

Prima di diventare assessore lavorava nel privato. Com’è stato il suo passaggio nel pubblico?

«Davvero difficile. Nel privato ero un’imprenditrice, ero abituata a certi ritmi: prendevo le cose di petto e le facevo. Nel pubblico invece i tempi di reazione sono impensabili. È tutto più macchinoso, questo è il vero problema. Qui si passa più tempo a fare carta che a fare. Altro che semplificazione. Siamo immersi in una serie di leggi e norme che rendono tutto più complicato e le lungaggini sono assurde. È un peccato perché vedo un grande spreco di risorse e di potenzialità».

In rapporto al ruolo che ricopre a volte qualcuno la cataloga ancora come una non cernuschese visto che vive qui da soli quattro anni? Se sì, le pesa questo atteggiamento? 

«Sì è vero, mi catalogano ancora così. La prima volta, durante la campagna elettorale due anni fa quando la mamma di un compagno di scuola di mio figlio mi disse: “È quindici minuti che è qui e fa tutto questo casino?”. Devo però dire che non mi interessano queste cattiverie. Uso poco Facebook dove so che spesso mi definiscono straniera o meglio forestiera giocando sul cognome di mio marito (Foresti, ndr). Problemi di chi scrive. Io mi sento cernuschese come tutti gli altri. Anzi, per questa città credo di fare di più di tanti altri che vivono qui da una vita e si pavoneggiano di essere cernuschesi doc».

Pensa che a fine mandato vorrà proseguire questa sua esperienza politica? 

«Per ora mi concentro sui tre anni che mancano, poi si vedrà. Non riesco a pensare ad altro che a quello che devo fare oggi. Al domani non ci penso, non voglio distrarmi, voglio fare bene il mio attuale compito».

Roberto Pegorini